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Body shaming – far vergognare qualcuno del proprio corpo: quali tutele?

Insulti, allusioni, giochi di parole, doppi sensi e perfino ingiurie volte a mettere in evidente imbarazzo la vittima agli occhi di un pubblico indefinito sono le condotte tipiche. Internet ed i social hanno permesso di poter dileggiare una persona in qualsiasi momento, con qualsiasi pubblico e senza alcun minimo presidio di tutela della privacy della vittima.

Avv. Barbara Puschiasisresp. Dipartimento consumer protection Consumerismo NO profit

Purtroppo senza tempo è la pratica di denigrare o ridicolizzare un compagno di scuola, un conoscente, un personaggio pubblico a causa del suo aspetto fisico. Che lo si voglia definire bullismo oppure vessazione oppure ancora diffamazione, stalking si parla sempre e comunque di body shaming. Se prima tutto questo restava confinato tra un certo numero di persone ed un ambiente più o meno circoscritto, oggi l’ambiente internet ne favorisce la diffusione senza limiti di pratiche, commenti e giudizi inopportuni, ingiustificati, alienanti per la vittima con conseguenze che troppo spesso conducono a patologie depressive e pensieri suicidi da parte di chi li subisce ormai costretto nella vergogna del suo essere.

Insulti, allusioni, giochi di parole, doppi sensi e perfino ingiurie volte a mettere in evidente imbarazzo la vittima agli occhi di un pubblico indefinito sono le condotte tipiche.

Internet ed i social hanno permesso di poter dileggiare una persona in qualsiasi momento, con qualsiasi pubblico e senza alcun minimo presidio di tutela della privacy della vittima.

Le conseguenze per la vittima le abbiamo dette e toccano sia la sfera personale che economica giungendo anche a poter precludere la stessa sua credibilità o immagine e dunque a comprometterne la possibilità di ottenere un inquadramento occupazionale ad esempio.

Il body shaming non sempre sottende profili di illecito tali da poter configurare un reato.

In alcuni casi, quelli più gravi, tali condotte possono essere configurate nel reato di diffamazione oppure di stalking.

Ad esempio se gli insulti sull’aspetto fisico vengono fatti pubblicamente, in modo tale da offendere la reputazione della vittima, allora v’è il rischio che il body shaming si tramuti in diffamazione. Infatti tale reato si configura nel momento in cui viene lesa la considerazione che una persona ha all’interno della società (o di una stretta cerchia di persone), proferendo commenti ingiuriosi o comunque irriguardosi alle spalle della stessa, cioè in sua assenza. Ciò può avvenire agevolmente nell’ambiente internet ed il fatto che il commento denigratorio possa essere letto da chiunque ad esempio su un social network ne configura l’ipotesi aggravata a cui consegue la reclusione da sei mesi a tre anni, ovvero la multa non inferiore a 516,00 euro.

Si parla invece di stalking quando la condotta vessatoria viene ripetuta nel tempo con conseguenze tangibili sulla salute psicofisica della vittima e sulle sue abitudini di vita. Infatti se chi la subisce patisce conseguentemente uno stato d’ansia persistente oppure è costretto a modificare le proprie abitudini di vita allora configurarsi il reato di stalking [2].

Per tutelasi è necessario spogliarsi dello stato di depressione, ansia, vergogna e costrizione indottaci dalla situazione e denunciare alle forze dell’ordine quanto sta accadendo portando elementi di prova, quali ad esempio screenshot dei commenti denigratori. Nel caso in cui la notizia di reato dovesse essere ritenuta fondata la vittima avrà la possibilità di costituirsi parte civile nel procedimento penale al fine di richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non all’autore del reato.

Se però la situazione concreta non riesce a trovare tutela penale possono essere messi in  campo gli strumenti previsti per contrastare il cyberbullismo.

In particolare, si potrà:

  • chiedere l’oscuramento dei siti internet sui quali avviene il body shaming;
  • fare reclamo al Garante per la privacy;
  • fare segnalazione ai genitori del cyberbullo;
  • chiedere l’ammonimento del questore, nel caso in cui il body shaming costituisca anche reato.

Questi strumenti possono essere azionati per altro direttamente dal minore che abbia compiuto quattordici anni.

Avere il coraggio di parlarne e di alzare la testa però è il primo passo per tutelarsi e far finire il prima possibile questo brutto gioco. Molti sono i centri di ascolto che possono aiutare la vittima a gestire la situazione.

Luigi Gabriele

Presidente dell'Associazione Consumerismo no profit. Luigi Gabriele è laureato in Scienze Politiche, indirizzo politico amministrativo e specializzato in affari regolatori, relazioni istituzionali e comunicazione pubblica. Dopo diverse esperienze in aziende e presso l’Università Sapienza, dal 2008 si occupa di tutela del consumatore. Ha svolto la funzione di esperto per due delle principali associazioni nazionali, svolgendo sia il ruolo di esperto consumerista sia di comunicatore pubblico. E’ consulente stabile in materia di consumi e tutela del consumatore per Uno Mattina, Mi manda Rai3, Tg2 Italia, Tv 2000 - Attenti al Lupo, Radio Rai1, Radio24, Radio Cusano Campus e innumerevoli siti web e testate. Ha acquisito competenze per la risoluzione delle casistiche sia individuali sia collettive in tutela del consumatore nei settori regolamentati (energia, gas, acqua e rifiuti, telefonia, Internet e pay tv, assicurazioni, bancario e servizi postali) e nei settori di consumo generico, come commercio elettronico, innovazione tecnologica e spesa domestica. E’ componente dei gruppi di lavoro sulla tutela del consumatore del Ministero dello Sviluppo Economico e ha svolto consulenza specifica per numerosi commissioni parlamentari su testi di legge in materia di tutela dei consumatori. Oggi è presidente di Consumerismo no profit e di Visionari no profit, organizzazione per la divulgazione della scienza e della tecnologia. presidenza@consumerismo.it - www.luigigabriele.it
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