Contaminazione da coliformi nel serbatoio di San Salvo: tra rischi sanitari, disagi per residenti e turisti, e il diritto alla trasparenza istituzionale negata.
Il recente divieto di utilizzo dell’acqua per scopi potabili e alimentari emanato dai Comuni di Vasto, San Salvo e Montenero di Bisaccia poi revocato, ha colto di sorpresa migliaia di famiglie e operatori turistici.
Le analisi dell’ARPA Abruzzo, come riportato da diverse testate e organismi di informazione (Ansa, Vasto Web, Chieti Today, Il Centro e tante altre ancora) hanno infatti rilevato, nel serbatoio dell’area industriale di San Salvo, la presenza di coliformi totali in quantità superiore ai limiti di legge, inducendo i Sindaci a emanare ordinanze cautelative, poi revocate, di non potabilità dell’acqua.
Un provvedimento che, pur giustificato dal principio di precauzione, pone interrogativi pesanti su come e da quanto tempo questa criticità fosse nota alle autorità.
Ebbene, i coliformi totali sono indicatori biologici di possibile contaminazione fecale: la loro presenza segnala che l’acqua potrebbe essere stata esposta a batteri patogeni. I rischi per la salute – soprattutto per bambini, anziani e soggetti immunodepressi – includono gastroenteriti, infezioni intestinali e disturbi legati alla cattiva qualità microbiologica.
La situazione impone dunque massima prudenza: l’acqua non deve essere utilizzata né per bere né per cucinare, fino al ripristino dei parametri di sicurezza. Da qui, oltre ai rischi sanitari, emergono i disagi pratici. Interi quartieri costieri, già provati da una stagione turistica difficile, si trovano costretti a ricorrere a acqua in bottiglia o autobotti, con costi e disservizi a carico dei consumatori. Molti residenti denunciano inoltre una scarsa comunicazione istituzionale: non tutti hanno ricevuto tempestivamente l’avviso, e le informazioni diffuse risultano frammentarie.
Dai primi riscontri emergerebbe che la zona industriale di San Salvo presenta da anni criticità ambientali e di trattamento delle acque reflue, documentate in relazioni tecniche e monitoraggi ARTA.
Consumerismo, che nel frattempo ha attivato il suo comparto legale, chiede chiarezza immediata su:
– l’origine esatta della contaminazione;
– gli esiti analitici completi dei campioni prelevati;
– la cronologia delle verifiche effettuate nei mesi precedenti;
-le misure correttive poste in essere.
In base al D.Lgs. 31/2001 e alla Direttiva (UE) 2020/2184, ogni cittadino ha diritto a conoscere la qualità dell’acqua che utilizza. Le autorità competenti devono garantire trasparenza totale dei dati e informazioni tempestive in caso di non conformità, pubblicando gli esiti delle analisi e aggiornando quotidianamente la popolazione. Tutelare la salute significa prima di tutto garantire informazione, non solo emergenza.
“La qualità dell’acqua non è un tema tecnico, ma un diritto fondamentale. Se l’acqua che scorre dai rubinetti non è potabile, i cittadini devono saperlo subito, in modo chiaro e trasparente. È necessario accertare se questa criticità sia un episodio isolato o il risultato di anni di controlli insufficienti e silenzi istituzionali. Consumerismo continuerà a vigilare, perché la tutela dei consumatori passa anche dal diritto di conoscere cosa beviamo” sottolinea l’Avv. Paolo Di Donato.
In tutto questo, Consumerismo continuerà a monitorare la situazione attraverso il proprio Sportello Tutela+, raccogliendo segnalazioni e assistendo i cittadini nella richiesta di trasparenza e risarcimento.
La tutela dei consumatori passa anche da qui: dal diritto di sapere se ciò che beviamo è davvero sicuro.