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Barbara Molinario a Sette Giorni su Rai Parlamento: “Difendere la pasta italiana significa difendere la nostra economia e la qualità del Made in Italy”

In studio anche il Senatore Maurizio Gasparri e l’onorevole Marianna Ricciardi.

Nel corso della trasmissione Settegiorni su Rai Parlamento, Barbara Molinario, Presidente di Road to green 2020 e Segretario Generale di Consumerismo, è stata intervistata dalla conduttrice Susanna Petruni, ed ha analizzato le conseguenze economiche e sociali dei dazi antidumping imposti dagli Stati Uniti sulla pasta italiana.
Un confronto sul futuro del Made in Italy, sul ruolo delle istituzioni europee e sull’impatto che queste misure avranno non solo sulle imprese, ma anche sui consumatori e sulla filiera agroalimentare nazionale.

 

Questa operazione del mercato americano avrà ripercussioni sul mercato italiano?

Sì, le avrà, e non solo per i grandi marchi della pasta. Il dazio del 107 per cento proposto dagli Stati Uniti rischia di ridurre drasticamente le esportazioni, e quindi di frenare la produzione interna, soprattutto nei distretti che vivono di export, come quelli di Marche, Puglia ed Emilia-Romagna. A cascata ne risentirebbe tutta la filiera, dal grano duro ai molini, dai trasportatori fino ai lavoratori dei pastifici. Ma le ripercussioni saranno anche indirette: meno export significa più prodotto immesso nel mercato interno, con il rischio di un calo dei prezzi alla produzione e di tensioni lungo la catena del valore. L’effetto finale potrebbe essere un danno sia per le imprese che per i consumatori, che vedrebbero ridotta la qualità media dell’offerta e minore stabilità nei prezzi.

Negli Stati Uniti si rischia di avere una quantità di pasta invenduta, che fine farà?

È molto probabile che, se il dazio verrà confermato, una parte consistente dei prodotti già destinati agli Stati Uniti resti nei magazzini italiani. Alcune aziende potrebbero reindirizzare le esportazioni verso mercati alternativi, come Canada, Asia o Medio Oriente, ma non è un processo immediato. Altre, purtroppo, potrebbero dover ridurre la produzione. In casi estremi, il rischio è quello di svendere a basso prezzo sul mercato interno o europeo, con ulteriore pressione sui produttori. Il vero paradosso è che negli Stati Uniti la domanda di pasta italiana continuerà a esserci, ma verrà soddisfatta da imitazioni e prodotti “Italian sounding”, di qualità inferiore ma a prezzo più basso.

Si parte dalla pasta, ma altri prodotti alimentari Made in Italy potrebbero subire la stessa sorte?

Sì, purtroppo il rischio è concreto. Il provvedimento statunitense nasce come misura “antidumping” ma può facilmente estendersi ad altri prodotti simbolo del Made in Italy, come olio, formaggi e vino. Per questo serve una risposta unitaria a livello europeo, non solo italiana. È necessario che la Commissione europea difenda il principio di reciprocità commerciale e, soprattutto, tuteli la qualità delle nostre eccellenze. Il made in Italy agroalimentare è un patrimonio economico e culturale, non un bene sostituibile. Se passa l’idea che chi investe in qualità, tracciabilità e sostenibilità venga penalizzato da barriere artificiali, si rischia di compromettere un modello virtuoso di produzione.

Come incideranno questi dazi sul prezzo e sulla qualità della pasta che troveremo nei supermercati italiani?

I consumatori italiani rischiano un doppio effetto. Da un lato, se il mercato interno si saturerà di prodotto invenduto, potremmo assistere a un temporaneo ribasso dei prezzi. Dall’altro, sul medio periodo, le aziende più fragili potrebbero non reggere la contrazione dell’export e uscire dal mercato, riducendo la varietà e la qualità dell’offerta. In parallelo, i prodotti d’importazione a basso costo potrebbero guadagnare spazio sugli scaffali, alterando il rapporto qualità-prezzo a svantaggio del consumatore. È fondamentale che i cittadini imparino a riconoscere e scegliere la vera pasta italiana, sostenendo così il lavoro e la filiera nazionale.

Quali contromosse potrebbero adottare le aziende italiane per continuare a esportare e restare competitive nonostante i dazi imposti dagli Stati Uniti?

Si paventa che, di fronte a un dazio così elevato, alcune aziende possano scegliere di delocalizzare parte della produzione direttamente negli Stati Uniti, per aggirare le tariffe e mantenere la presenza sul mercato americano. È una strategia che consente di evitare i costi doganali, ma che snatura il concetto stesso di Made in Italy. Significa spostare il valore aggiunto, i posti di lavoro e il know-how fuori dal Paese, con un impatto pesante sull’economia nazionale. La pasta italiana è il risultato di una filiera integrata, che va dal grano alla trasformazione, fino al confezionamento e alla distribuzione. Spostare la produzione significherebbe interrompere questa catena virtuosa, perdendo autenticità e qualità. Le aziende devono essere sostenute, non spinte all’estero: servono incentivi, logistica più efficiente e un forte sostegno diplomatico per evitare che la delocalizzazione diventi l’unica via di sopravvivenza.

Quali effetti a lungo termine potrebbero esserci sul marchio e sulla reputazione della pasta italiana all’estero, dopo una misura commerciale così penalizzante?

Un altro rischio collegato ai dazi è l’aumento delle imitazioni, i cosiddetti prodotti “Italian sounding”, che richiamano nel nome, nel packaging o nei colori il Made in Italy, ma che in realtà sono realizzati altrove, con materie prime e standard qualitativi molto più bassi. È un fenomeno già diffuso che vale oltre 100 miliardi di euro l’anno a livello globale e che potrebbe intensificarsi proprio a causa dei dazi. Se la pasta autentica diventa troppo cara negli Stati Uniti, gli scaffali si riempiranno di surrogati “italian style” prodotti in Canada, Argentina o persino negli stessi Stati Uniti, che sfrutteranno l’immaginario italiano senza garantire la qualità originale. Questo danneggia non solo i produttori, ma anche i consumatori, che rischiano di pagare di più per un prodotto che italiano non è. Serve una forte azione di tutela dei marchi, controlli più rigidi sull’etichettatura e campagne di informazione per far capire ai cittadini come riconoscere il vero Made in Italy.

ARGOMENTI: dazi pasta stati uniti
Redazione

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