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Italia vulnerabile, a rischio di default culturale: solo il 40% capisce i soldi che ha in tasca

Il crollo dell’alfabetizzazione finanziaria

Ottobre è il mese dedicato all’educazione finanziaria ma lItalia sta entrando nel decennio più complesso degli ultimi 50 anni con una delle competenze più strategiche semplicemente mancante.

Il dato madre è che solo il 40% degli italiani possiede una alfabetizzazione finanziaria di base, il che significa che appena 4 cittadini su 10 comprendono concetti fondamentali come inflazione, tassi d’interesse, rischio e diversificazione. 1 su 10, poi, è considerato completamente analfabeta finanziario ossia non sa leggere un estratto conto, non distingue un tasso fisso da uno variabile, non conosce dinamiche elementari del credito. Lo certificano i dati raccolti da Banca d’Italia, OCSE e il Global Financial Literacy Survey.
Parallelamente, il 70% delle famiglie italiane non reggerebbe un imprevisto da 1000 euro senza ricorrere a prestiti o soluzioni emergenziali. E, ogni anno, quasi 2 milioni di persone cadono vittime di truffe online, schemi speculativi e finte opportunità di investimento. La nostra nazione è quella con la maggior ricchezza privata immobilizzata allo stesso tempo  con la più bassa educazione finanziaria dell’Eurozona.



UNA BOMBA SOCIALE: RICCHEZZA RESIDUA, COMPETENZE BASSE E 5 MILIONI DI IMPRESE FATICANO A DIALOGARE CON LE BANCHE


Il cuore del problema non è solo economico. È culturale, educativo, strutturale.
La scuola italiana, nella maggior parte dei casi, non introduce percorsi di educazione finanziaria: il 71% degli istituti non offre alcun programma in merito. Le famiglie trasmettono spesso abitudini intuitive, più legate alla tradizione che alla comprensione dei fenomeni economici contemporanei. Le imprese, soprattutto le PMI, le Piccole e Medie Imprese in Italia che costituiscono la spina dorsale dell’economia nazionale, rappresentando oltre il 99% del totale delle imprese attive  hanno una grande quota di imprenditori che fanno fatica a dialogare con le banche e ad accedere al credito perché prive di strumenti tecnici adeguati.
In breve, l’Italia sconta un problema di capitale umano prima ancora che di capitale finanziario. E il risultato è evidente: un Paese che non sa gestire il proprio denaro consuma male, investe male, risparmia male e, così facendo, erode progressivamente il proprio potere d’acquisto. Diventa più fragile durante le crisi, più esposto alle manipolazioni, più vulnerabile alle pressioni esterne, più instabile nei momenti di svolta. In un mondo complesso, l’ignoranza finanziaria non è una lacuna innocua: è una falla di sicurezza nazionale.

 

IL PARADOSSO GEOPOLITICO: L’EUROPA COSTRUISCE E L’ITALIA RISCHIA DI RIMANERE SPETTATRICE


Bruxelles
sta accelerando in maniera decisa sul cantiere dell’European Capital Markets Union, la grande riforma che mira a creare un mercato dei capitali integrato, competitivo e capace di mobilitare risorse private per affrontare le nuove sfide globali. È un passaggio obbligatorio per poter reggere l’urto del duopolio Stati Uniti e Cina.
Porta in dote tokenizzazione degli asset, uso avanzato dell’intelligenza artificiale nella finanza, integrazione dei mercati, accesso facilitato ai capitali per imprese innovative.
Nel mentre noi abbiamo Il 34% degli italiani che non ha mai letto un contratto bancario oltre la prima pagina. Molte famiglie, pur avendo risparmio, non hanno strumenti cognitivi per valorizzarlo; molte imprese, pur avendo potenziale, non hanno competenze per accedere correttamente ai mercati.  Questa fragilità pesa ancora di più se inserita in un contesto geopolitico che corre in direzione opposta.


L’UNICA VIA D’USCITA


Eppure, nonostante tutto, l’Italia non è condannata. È vulnerabile, sì; fragile, certo; esposta, inevitabilmente. Ma la storia di questo Paese è una sequenza di rinascite improbabili, di ripartenze sorprendenti, di creatività che ricostruisce sistemi quando sembrano sul punto di cedere. L’economia italiana ha conosciuto ricostruzioni di cui, all’inizio, pochi credevano possibile l’esito. È nella nostra natura trovare traiettorie di crescita anche dove sembrano non esserci. Il punto oggi non è quanto possediamo — e l’Italia, è bene ricordarlo, possiede una delle più grandi ricchezze private d’Europa — ma quanto comprendiamo ciò che possediamo. Il nuovo capitale del futuro non sarà solo finanziario, ma cognitivo: la capacità di leggere, orientarsi, decidere in un ecosistema economico sempre più complesso.  L’Italia non deve imparare a produrre più ricchezza, ma a leggerla.
Se scuole, media, imprese e famiglie riusciranno a investire in questa competenza diffusa, l’Italia potrà trasformare la sua fragilità nella sua occasione.
Perché il futuro non premierà chi possiede di più, ma chi sa orientarsi meglio. E un Paese che ritrova la propria mappa, ritrova anche il proprio destino.

Redazione

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