
L’Italia ha approvato la prima legge al mondo che riconosce l’obesità come malattia cronica, progressiva e recidivante e ne inserisce la presa in carico nel perimetro dei Livelli essenziali di assistenza. Il voto definitivo del Senato del 1 ottobre 2025 conferma il testo già licenziato dalla Camera. Il provvedimento non è un simbolo, sposta l’assistenza dal “se” al “come”: diagnosi, terapie e monitoraggio rientrano nelle prestazioni garantite dal Servizio sanitario, con l’impegno a combattere anche stigma e discriminazioni.
Per i consumatori significa accesso più ordinato ai percorsi clinici, minori ricadute di spesa privata e maggiore omogeneità territoriale, almeno nelle intenzioni della norma. La legge istituisce un programma nazionale per prevenzione e cura con risorse che partono da 700 mila euro nel 2025, salgono a 800 mila nel 2026 e arrivano a 1,2 milioni annui dal 2027. È previsto anche un finanziamento stabile di 400 mila euro annui per la formazione di studenti universitari, medici di famiglia, pediatri e personale del Ssn, e 100 mila euro annui dedicati a campagne di informazione e sensibilizzazione. I fondi sono modesti rispetto alla dimensione del problema, ma segnano un perimetro certo e misurabile su cui chiedere conto a Regioni e Ministero.
Il quadro epidemiologico giustifica l’intervento. Le persone adulte con obesità sono stimate in circa 6 milioni, oltre un decimo della popolazione, con oltre la metà degli adulti complessivamente in eccesso ponderale tra sovrappeso e obesità. Il provvedimento punta anche su scuola e comunità, con azioni educative e promozione dell’attività fisica per ridurre l’incidenza già in età pediatrica, tema su cui associazioni e aziende sanitarie hanno annunciato disponibilità ad attivarsi rapidamente.
Dal punto di vista dei diritti, l’effetto immediato è il riconoscimento formale della malattia e della presa in carico pubblica. Dal punto di vista operativo, invece, tutto dipenderà dai decreti attuativi e dalla ripartizione delle risorse tra le Regioni entro 90 giorni, dall’istituzione dell’Osservatorio nazionale presso il Ministero della Salute e dall’effettivo aggiornamento e applicazione dei percorsi assistenziali in ambulatori, ospedali e servizi territoriali. Qui si gioca la differenza tra un titolo di legge e un cambiamento percepito dai pazienti, ad esempio nelle liste di attesa per visite specialistiche, nella continuità terapeutica e nell’accesso ai centri multidisciplinari.
Per le famiglie, il messaggio è che l’obesità non è una colpa individuale da “correggere” a proprie spese, ma una patologia da affrontare con strumenti clinici adeguati e con copertura pubblica delle prestazioni previste. Per i contribuenti, il punto è l’efficacia dell’investimento: campagne informative da 100 mila euro annui e un programma che a regime vale 1,2 milioni non risolveranno da soli un fenomeno che pesa anche su diabete, malattie cardiovascolari e oncologiche, ma possono aprire la strada a interventi più robusti se i primi risultati saranno tracciati e pubblici. La trasparenza dei dati dell’Osservatorio e il monitoraggio civico su tempi, presa in carico e outcome dovranno diventare routine, così da premiare chi riduce realmente complicanze e spesa evitabile.
In questa fase conviene che i cittadini si muovano in modo informato. Chi vive con obesità può rivolgersi al medico di medicina generale o al pediatra per l’avvio di un percorso strutturato, verificare presso la propria Asl i centri di riferimento attivi e seguire gli aggiornamenti regionali sull’attuazione. Associazioni come FIAO hanno già sottolineato l’importanza di percorsi multidisciplinari e della lotta allo stigma, tasselli essenziali perché la legge produca benefici misurabili nella vita quotidiana.
“Il riconoscimento dell’obesità come malattia rappresenta un passo fondamentale per la tutela dei cittadini, ma le risorse stanziate appaiono ancora distanti dalla reale portata del problema.” Precisa Luigi Gabriele presidente di Consumerismo “I fondi previsti, che partono da 700 mila euro nel 2025 e raggiungeranno 1,2 milioni annui dal 2027, ai quali si aggiungono 400 mila euro per la formazione e 100 mila per la comunicazione, sono un punto di partenza utile ma non possono bastare per garantire un cambiamento strutturale. Se si considera che in Italia oltre sei milioni di persone convivono con l’obesità, è evidente che la sfida richiederà un impegno economico ben più consistente, capace di sostenere percorsi diagnostici e terapeutici uniformi su tutto il territorio nazionale.”
“Perché questa legge non resti solo un segnale simbolico, è necessario accompagnarla con una reale trasparenza.” La dichiarazione della Segretaria Generale di Consumerismo Barbara Molinario “Servono indicatori pubblici, semplici e aggiornati, che consentano ai cittadini di capire come vengono spesi i fondi e quali risultati produce il sistema. Ogni trimestre dovrebbero essere resi noti il numero delle persone prese in carico, i tempi di attesa per l’accesso ai centri specializzati, i risultati clinici ottenuti, la distribuzione territoriale dei servizi e il livello di adesione ai programmi formativi e informativi. Solo così sarà possibile misurare l’efficacia della norma e correggere in corsa eventuali squilibri o ritardi. L’obesità non è una condizione marginale, ma una malattia cronica che incide sulla qualità della vita, sul bilancio delle famiglie e sui costi sanitari complessivi. Dare ai cittadini strumenti di controllo e conoscenza significa restituire valore all’investimento pubblico e garantire che le politiche per la salute restino davvero al servizio delle persone.”