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Riso straniero venduto come italiano, un pericolo per la salute e per il Made in Italy

Sequestro di 3,5 tonnellate di riso uruguaiano a Reggio Emilia: frode alimentare, rischi sanitari e attacco al Made in Italy che minaccia economia, salute e fiducia dei consumatori.

Il sequestro di 3,5 tonnellate di riso uruguaiano pronte per essere vendute come prodotto italiano, avvenuto in provincia di Reggio Emilia, rappresenta un episodio grave e allarmante. I Carabinieri per la tutela agroalimentare hanno scoperto che il riso, conservato in grandi sacchi alimentari e privo di documentazione di tracciabilità, era già pronto per la distribuzione.

Questo caso non è solo un inganno commerciale, ma un vero e proprio attacco al sistema produttivo nazionale, alla salute pubblica e alla fiducia che i consumatori ripongono nel Made in Italy. Le parole del ministro Lollobrigida, che ha ribadito l’importanza della tracciabilità e della concorrenza leale, trovano qui una conferma concreta: chi tenta di falsificare le origini dei prodotti italiani mette in pericolo un intero settore economico e culturale.

Dietro un episodio di frode alimentare si nasconde un problema strutturale. I produttori italiani si trovano da anni a fronteggiare una concorrenza sempre più aggressiva da parte di importazioni estere a basso costo, spesso provenienti da Paesi che non rispettano i nostri standard di sicurezza, sostenibilità e qualità. Quando un prodotto straniero viene venduto come italiano, la concorrenza diventa sleale e penalizza chi rispetta le regole, investe in controlli e tutela la filiera. Non si tratta solo di un danno economico, ma di un attacco alla reputazione del marchio Italia, costruita in decenni di lavoro, innovazione e fiducia. Il rischio è che anche i consumatori italiani, e ancor più quelli stranieri, inizino a dubitare della reale provenienza di ciò che acquistano, minando la credibilità di uno dei simboli più riconosciuti e apprezzati nel mondo.

C’è poi il tema, non meno grave, della sicurezza alimentare. Il riso sequestrato era conservato in condizioni igieniche non conformi e senza alcuna garanzia di tracciabilità. Ciò significa che non era possibile conoscere il percorso del prodotto, né verificarne la conformità agli standard sanitari. Un alimento conservato in ambienti non idonei può facilmente sviluppare muffe, contaminanti o residui indesiderati, diventando un potenziale pericolo per la salute. In un contesto in cui i consumatori sono sempre più attenti alla qualità e alla sicurezza di ciò che mettono in tavola, casi come questo rappresentano un tradimento profondo della fiducia pubblica.

Serve una risposta immediata e sistemica. I controlli devono essere intensificati lungo tutta la filiera, dal momento dell’importazione fino alla vendita al dettaglio. La tracciabilità deve diventare reale, verificabile e digitale, grazie a strumenti come blockchain e QR code certificati che permettano al consumatore di conoscere con un clic l’origine e il percorso del prodotto. Le sanzioni per chi commette frodi alimentari devono essere severe e dissuasive, fino alla sospensione delle licenze commerciali e alla responsabilità penale personale. È fondamentale anche valorizzare le filiere corte e cooperative di produttori, che garantiscono trasparenza e riducono i passaggi intermedi, facilitando i controlli e promuovendo la sostenibilità.

Ma nessun sistema di tutela può essere davvero efficace senza la consapevolezza dei cittadini. Leggere le etichette, chiedere informazioni sull’origine, diffidare dei prezzi eccessivamente bassi sono gesti semplici che possono fare la differenza. Un consumatore informato è il primo presidio contro le frodi e la prima difesa del Made in Italy.

Il sequestro del riso uruguaiano spacciato per italiano non è un fatto isolato, ma il sintomo di una crisi di fiducia che minaccia la nostra economia agroalimentare. Difendere il Made in Italy significa difendere la salute, la legalità, il lavoro e la qualità. È una battaglia che riguarda tutti, perché la credibilità dei nostri prodotti è una delle risorse più preziose del Paese, e quando viene compromessa, a perdere non sono solo i produttori, ma l’intero sistema Italia.

Barbara Molinario

Barbara Molinario è giornalista ed esperta di comunicazione, con oltre venticinque anni di esperienza nel mondo dell’editoria. Opinionista indipendente, interviene su temi legati ai consumi e alla tutela dei consumatori. Collabora con numerose testate giornalistiche, agenzie stampa, web, radio e TV, tra cui TG1, Rai Parlamento, Unomattina, Estate in Diretta, Tg2 Costume e Società, Agorà, Mi Manda Rai 3, TGR Lazio, Mattino Cinque, Ansa, Aska, Adn Kronos. È anche speaker radiofonica. Esperta di moda e costume, è direttrice del magazine Fashion News Magazine. Segretario Generale dell’associazione no profit Consumerismo, si occupa di promozione dei diritti dei cittadini e sensibilizzazione sociale. È inoltre Presidente dell’associazione Road to green 2020, con cui promuove la sostenibilità ambientale attraverso il forum internazionale “La città del futuro” e il contest #roadtogreen, che valorizza artisti, designer e innovatori. Con il progetto Road to pink è attivamente impegnata nella lotta contro la violenza di genere. Progettista di interventi per privati e bandi pubblici, opera nei settori dell’impresa e del sociale, sviluppando iniziative ad alto impatto culturale, ambientale ed educativo. È attivista nel campo della tutela e formazione dei minori. Conta all’attivo progetti come Legal Love e Mangio dopo, che affrontano temi legati al benessere psico-fisico dei più giovani, collaborando con scuole e istituzioni pubbliche. Docente di comunicazione, ufficio stampa, pubbliche relazioni e organizzazione eventi, è amministratore della società DBG Management & Consulting srl ed è tra i soci fondatori del Convention Bureau Roma e Lazio. È stata per anni attiva nel sistema Confindustria. Tra le sue pubblicazioni e produzioni: Combattere il cyberbullismo. Riconoscere le Fake News. Gestire gli haters; Zero, il libretto interattivo contro lo spreco del cibo; Racconto di una vita da Corsaro. Pier Paolo Pasolini; Riciclare è un’arte; Sostenibilità nell’industria della moda, tra nuovi trend, falsi miti. Come presidente dell’Associazione no profit Road to green 2020, dal 2016 ogni anno organizza il Forum internazionale “La città del futuro” dedicato alla promozione della sostenibilità ambientale, con il sostegno del Ministero della Transizione Ecologica, tante istituzioni e realtà private attive nel mondo dell’ecologia. Mecenate appassionata di arte e cultura, promuove e favorisce le belle arti, dal 2017 dà voce e spazio a creativi attraverso il contest #roadtogreen sostenendo concretamente artisti, designer, ricercatori, studiosi, letterati. Attivista contro la violenza di genere in ogni forma, tramite il progetto Road to pink dà voce alle donne. Amministratore della società di eventi e ufficio stampa DBG Management & Consulting, è tra i soci fondatori del Convention Bureau Roma e Lazio, per anni ha militato in Confindustria. Tra le pubblicazioni ed i videocorsi: “Combattere il cyberbullismo. Riconoscere le Fake News. Gestire gli haters.”; “Zero, il libretto interattivo contro lo spreco del cibo”; “Racconto di una vita da Corsaro. Pier Paolo Pasolini.”; “Riciclare è un’arte”; “Sostenibilità nell’industria della moda, tra nuovi trend, falsi miti”.
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