La povertà energetica, che oggi in Italia coinvolge 2 milioni e 400 mila famiglie, è diventata un fenomeno strutturale, capace di incidere in modo profondo e silenzioso sulla vita quotidiana di milioni di persone. Tra i soggetti più esposti ci sono i bambini, spesso invisibili nelle statistiche economiche ma centrali nelle conseguenze sociali di questo disagio.
Secondo i recenti dati dell’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica (OIPE), nel 2024 il fenomeno ha raggiunto il massimo storico, interessando il 9,1% delle famiglie italiane. Ancora più allarmante è il dato relativo ai nuclei con minori, dove l’incidenza sale all’11,4%. In termini assoluti, significa che oltre 1 milione e 100 mila bambini vive in abitazioni che non garantiscono condizioni energetiche adeguate.
I dati territoriali mostrano con chiarezza come la povertà energetica non sia distribuita in modo uniforme. Le periferie urbane, i piccoli comuni e le aree interne sono i contesti più colpiti, spesso caratterizzati da edifici datati, scarsa efficienza energetica e servizi pubblici meno strutturati.
La Sardegna è la regione che registra l’incremento maggiore (+2,8%) seguita dal Piemonte (+2,3%) e dall’Umbria (+1,6%). La regione che registra la maggiore riduzione è invece la Basilicata (-3,7%) seguita dalla Campania (-1,8%) e dalla Calabria (-1,7%).
In questi territori, il disagio energetico si intreccia spesso con l’isolamento sociale. Le scuole, già impegnate a far fronte a carenze strutturali, faticano a intercettare tempestivamente i segnali di difficoltà delle famiglie e a costruire una rete efficace con i servizi sociali.
Nonostante l’esistenza di strumenti di sostegno come i bonus energia, l’impatto complessivo delle politiche di contrasto resta limitato. Secondo OIPE, solo una parte ridotta delle famiglie beneficiarie riesce effettivamente a uscire dalla condizione di povertà energetica.
Il nodo centrale non è solo il prezzo dell’energia, ma la vulnerabilità strutturale. Le famiglie in difficoltà destinano una quota molto più elevata del proprio bilancio ai consumi energetici, arrivando a spendere l’8-9% della spesa complessiva, contro il 3-4% delle famiglie più benestanti. Questo squilibrio sottrae risorse a bisogni essenziali come istruzione, salute e alimentazione, creando un circolo vizioso difficile da interrompere.
I minori sono i più esposti alle conseguenze di questo fenomeno. La povertà energetica non agisce da sola, ma si somma ad altre forme di deprivazione, amplificandone gli effetti, cosi come anche osservato nell’Agenda 2030, la quale mostra che le povertà non si compartimentano ma si amplificano, spiega Giovanni Riccobono Direttore Generale dell’Associazione Consumerismo No Profit. Vivere in una casa inadeguata significa maggiore esposizione a malattie respiratorie, stress, difficoltà di apprendimento e, nel lungo periodo, una riduzione delle opportunità educative e sociali.
Quando oltre un milione di bambini cresce in condizioni di deprivazione energetica, la questione non può più essere considerata marginale. È una sfida educativa, sanitaria e sociale che riguarda il futuro del Paese nel suo complesso.
Contrastare la povertà energetica – sottolinea Giovanni Riccobono – significa andare oltre le misure tampone, ripensando politiche più efficaci e mirate, capaci di intervenire sulla qualità dell’abitare, sull’efficienza energetica degli edifici, sul sostegno alle famiglie con minori e su un maggiore coordinamento tra scuola, servizi sociali ed enti locali.