Punti Cardinali - Economia

La paura della complessità: il riflesso condizionato di un mondo che cambia

Viviamo in un’era in cui la complessità non è più un’eccezione da gestire, ma la regola con cui dobbiamo misurarci ogni giorno. I sistemi economici, politici, tecnologici e culturali si intrecciano in reti sempre più dense e interdipendenti. Tuttavia, anziché elevarci nella capacità di comprensione e discernimento, gran parte delle reazioni collettive e individuali sembrano manifestare un riflesso opposto: la paura della complessità. È una paura antica, ma oggi amplificata da sovraccarichi informativi, instabilità geopolitica e crisi sistemiche.

Il paradosso della semplificazione: tra comfort cognitivo e rischio strategico

Semplificare è umano. Daniel Kahneman, Nobel per l’economia comportamentale, ha evidenziato come il nostro cervello tenda a preferire scorciatoie mentali (i cosiddetti heuristics) per ridurre il dispendio cognitivo. Questo meccanismo, però, ci espone a errori sistematici: confirmation bias, availability bias, polarizzazione.

Nel mondo attuale, questa tendenza alla semplificazione diventa un rischio strategico. La geopolitica multipolare, la transizione energetica, la ridefinizione del lavoro o la ristrutturazione delle filiere globali sono fenomeni che non possono essere compresi con dicotomie semplicistiche: buono vs cattivo, sinistra vs destra, crescita vs decrescita. La riduzione del dibattito a slogan o meme — come sempre più accade sui social media — crea una narrazione distorta, che alimenta sfiducia, estremismi e scelte miopi, anche a livello istituzionale.

L’ansia dell’incertezza: quando la mente fugge dal futuro

La complessità è intimamente legata all’incertezza. Il filosofo Edgar Morin ha più volte sottolineato che “comprendere la complessità significa accettare il rischio dell’imprevisto”. Tuttavia, la nostra cultura occidentale — razionalista e orientata al controllo — fatica ad accogliere ciò che non può misurare o pianificare. Questo genera ansia esistenziale. Un’indagine McKinsey del 2023 ha mostrato che oltre il 60% dei leader aziendali considera la “gestione dell’ambiguità” come una delle competenze più carenti nei propri team. E la psicologia conferma: le persone tendono a sovrastimare i rischi ignoti rispetto a quelli conosciuti, sviluppando un’irrazionale avversione all’incertezza (ambiguity aversion). Il risultato? Immobilismo decisionale, fuga nelle routine o in ideologie rassicuranti.

Pensiero complesso: una competenza da leadership sistemica

La risposta non è la negazione della complessità, ma la sua interiorizzazione come grammatica del nostro tempo. Il pensiero complesso non è solo un esercizio intellettuale, ma una competenza strategica. Significa allenarsi a:

  • vedere connessioni (tra cause e conseguenze, tra micro e macro, tra oggi e domani),
  • accettare le ambivalenze (non tutto è bianco o nero),
  • gestire più livelli di lettura (locale e globale, individuale e collettivo),
  • integrare prospettive differenti (scienza, intuizione, storia, visione).

Come evidenziato dallo World Economic Forum, tra le top skill richieste per il 2025 ci sono: pensiero analitico, problem solving complesso, resilienza e flessibilità cognitiva. Si tratta, in fondo, di abilità per abitare un mondo che cambia più in fretta della nostra capacità di raccontarlo.

Verso una cultura della complessità

Il rifiuto della complessità è un lusso che non possiamo più permetterci. Non solo in geopolitica o economia, ma anche nelle scelte quotidiane: dalla gestione dei conflitti interpersonali alla comprensione delle trasformazioni sociali. Accogliere la complessità non significa cadere nel relativismo, ma riconoscere che i problemi complessi richiedono risposte complesse. E questo richiede coraggio, formazione, spirito critico.

Solo costruendo una nuova alfabetizzazione sistemica — nelle scuole, nelle imprese, nei media — potremo affrontare le grandi transizioni del nostro tempo: climatica, tecnologica, demografica, valoriale. Il futuro non sarà mai semplice. Ma possiamo diventare più competenti nel navigarlo.

Davide Maestri

Davide Maestri è un imprenditore e advisor strategico con una ventennale esperienza in crescita aziendale, corporate finance e trasformazione d’impresa. Laureato in Scienze Politiche ed Economiche con specializzazione in Comunicazione d’Impresa e Marketing, ha conseguito un Master in Management e Sport Management e un diploma post-laurea ISPI in Geopolitica e Relazioni Internazionali. Ha affiancato corporate, fondi e istituzioni nella definizione di strategie di crescita, governance e posizionamento, guidando operazioni di exit, IPO e raccolte capitali multimilionarie, in contesti ad alta complessità e scenari geopolitici in evoluzione. Ha collaborato con multinazionali, società di consulenza globale e fondi d’investimento su progetti di M&A, sviluppo di nuovi modelli di business, valorizzazione di asset strategici e ristrutturazioni aziendali. Con un approccio che integra visione macro-strategica ed execution operativa, ha operato in 13 mercati tra Europa, Stati Uniti e Medio Oriente, accompagnando oltre 380 talenti nel loro sviluppo. È noto per la sua capacità di leggere i sistemi complessi, anticipare trend e costruire ecosistemi a impatto positivo. Oltre alle sue aziende Talents Court e Wise Gate, nel settore non profit è senior partner di Grateful Foundation ETS, think tank dedicato alla promozione dell’Economia Sferica e della centralità della persona. È autore del libro "Talents Court. Strategie per allenare il talento" (2023) e fondatore di Punti Cardinali (2025), piattaforma editoriale che integra contenuti strategici, analisi e visione sul futuro. info@maestridavide.com
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