
L’annuncio di un dazio del 107% sulla pasta italiana destinata al mercato americano, previsto dal gennaio 2026, rischia di trasformarsi in uno tsunami per il Made in Italy. Il mercato USA vale circa 700 milioni di euro l’anno. Colpiti marchi come Garofalo e La Molisana, ma anche produttori minori che vivono di export.
La misura nasce da un’indagine antidumping del Dipartimento del Commercio americano, secondo cui alcuni pastifici avrebbero venduto sotto costo. Ma in realtà, dietro questa decisione, si cela una guerra commerciale che penalizza i prodotti di qualità e sostenibili.
Per i consumatori italiani le conseguenze non sono neutre. Parte della produzione destinata all’export potrebbe restare sul mercato interno, spingendo temporaneamente i prezzi verso il basso, ma nel lungo periodo la contrazione delle vendite estere e i margini ridotti rischiano di indebolire l’intera filiera. Se i produttori riducono volumi o chiudono, aumenta la dipendenza da marchi esteri o da prodotti “Italian sounding” di minor qualità.
Il settore della pasta impiega oltre 10 mila addetti diretti e rappresenta un pilastro della dieta mediterranea, con 3,6 milioni di tonnellate prodotte ogni anno e più del 60% destinato all’estero. L’Italia è il primo esportatore mondiale e il secondo produttore di grano duro in Europa. Fermare o ridurre l’export significherebbe colpire uno dei settori più virtuosi anche in termini di sostenibilità ambientale: la pasta italiana nasce da processi sempre più efficienti, filiere corte, imballaggi riciclabili e sprechi alimentari in calo del 15% negli ultimi cinque anni.
Servono risposte politiche immediate. L’Italia, insieme all’Unione Europea, deve chiedere un tavolo negoziale e, se necessario, ricorrere all’Organizzazione Mondiale del Commercio per contestare misure che violano il principio di libera concorrenza. Parallelamente, è urgente sostenere le imprese che rischiano perdite, favorendo diversificazione dei mercati, innovazione logistica e incentivi per la transizione ecologica.
Ma anche i cittadini possono fare la loro parte. Scegliere prodotti italiani certificati, leggere le etichette, sostenere le filiere corte e i negozi che valorizzano il Made in Italy significa contribuire alla difesa del nostro patrimonio alimentare. Ridurre gli sprechi, acquistare consapevolmente e premiare chi investe in qualità e sostenibilità sono azioni concrete che ogni consumatore può mettere in pratica oggi.
Il dazio americano sulla pasta non è solo un tema economico, ma una questione di identità, sostenibilità e giustizia commerciale. Difendere la pasta italiana significa difendere un modello produttivo che unisce tradizione, innovazione e responsabilità.