
L’immagine che spesso usiamo per descrivere un’azienda è quella di un organigramma: livelli ordinati, linee rette, ruoli definiti, un vertice e una base.
Una rappresentazione ortogonale, nata in un mondo industriale dove la chiarezza delle funzioni e il controllo centralizzato erano chiavi di efficienza.
Ma oggi, nel mondo reale, le organizzazioni si comportano in tutt’altro modo: come costellazioni. Reti distribuite, dinamiche, connesse. Dove l’influenza scorre lungo legami fiduciari, il potere emerge dalla reputazione interna, e i team si muovono in modo fluido, adattandosi a bisogni e contesti.
La geografia sommersa del lavoro.
Ogni azienda ha due mappe: quella ufficiale e quella reale. La prima è l’organigramma. La seconda è la rete informale di relazioni, flussi di comunicazione, connessioni trasversali, leadership non dichiarate. Spesso i veri nodi di influenza non coincidono con i ruoli apicali: sono figure-ponte, catalizzatori, hub emotivi o cognitivi che uniscono gruppi e contaminano idee. Questa rete è viva, in costante evoluzione. E, sempre più, determina l’efficacia, l’innovazione e la resilienza dell’organizzazione.
Verso modelli sferici e adattivi
Alcune organizzazioni pionieristiche hanno compreso questa dinamica e la stanno trasformando in architettura. Modelli come l’holacracy, l’organizzazione frattale o le Exponential Organizations (ExO) superano la logica del comando-controllo per abbracciare la distribuzione del potere, l’autonomia locale, la centralità dello scopo condiviso.
Haier ha trasformato i propri dipendenti in micro-imprese autonome connessi da una logica di ecosistema. Buurtzorg, in Olanda, ha rivoluzionato l’assistenza sanitaria attraverso team auto-organizzati. Morning Star, azienda agricola americana, non ha manager: la leadership è emergente, fondata su accordi e responsabilità reciproche. In questi casi, la struttura è più simile a una sfera che a una piramide: ogni punto può essere centro, ogni nodo è interconnesso.
Leadership come campo gravitazionale
In una costellazione, non c’è un unico centro fisso. Ogni stella influisce sull’altra attraverso gravità. Allo stesso modo, nelle organizzazioni sferiche, la leadership è distribuita: è capacità di attrazione, non imposizione. La leadership oggi non è (solo) posizione. È impatto.
Chi connette mondi, genera fiducia, favorisce il flusso di idee, agisce con coerenza, diventa riferimento. Anche senza un titolo formale. E il compito dei vertici è sempre più quello di “coreografare” questi flussi, non dirigerli rigidamente.
Economia sferica: un orizzonte possibile
In questa visione si inserisce anche il concetto di “economia sferica” proposto da Oscar di Montigny: un modello economico fondato su valori, relazioni e impatto, dove l’impresa diventa agente trasformativo e non solo produttivo. Una sfera, appunto, in cui ogni azione genera onde concentriche capaci di influenzare individui, comunità e pianeta. Un’evoluzione necessaria verso un paradigma in cui crescita e consapevolezza non sono opposti, ma interdipendenti.
Costruire un’impresa costellazione
Per evolvere verso modelli sferici serve: Legittimare la rete informale: darle spazio, ascoltarla, valorizzarla. Mappare i nodi chiave: chi sono i connettori, i catalizzatori, i silenziosi ma influenti? Ridefinire ruoli e spazi: più orizzontali, più mobili, meno burocratici.
Investire sulla cultura: perché la rete vive di fiducia, non di procedure.
Il futuro dell’organizzazione non è più la macchina, ma il sistema vivente. Non è più il comando, ma la connessione. Chi saprà leggere, nutrire e guidare la rete invisibile avrà un vantaggio strategico decisivo. Perché nella realtà, come nel cosmo, il vero ordine non è gerarchico, ma relazionale.
L’impresa non è più una piramide. È una costellazione.