
I commenti al vetriolo inondano i social network in poche ore: “Shein dona circa 50 milioni di dollari in 5 anni, quando ha un fatturato di più di 9 miliardi di dollari?” Oppure “Come pensano che bastino 50 milioni di dollari a salvare ciò che fanno”. “Il resto come lo compensano!?! Chiudendo?”
Green-marketing o Greenwashing?
Tra le informazioni parziali che giungono dal web, proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Con il vertice annuale di Global Fashion Agenda di Copenaghen, vengono annunciate nuove alleanze internazionali. Il Global Fashion Summit di due giorni che si è svolto martedì e mercoledì presso la Royal Opera House di Copenaghen, in Danimarca, intitolato “Alleanze per una nuova era”, ci parla di “alleanze” portino avanti l’innovazione inter-competitiva e le relative mosse istituzionali.
In coincidenza con GFS, il player del fast fashion Shein ha annunciato una partnership con un investimento da 50 milioni di dollari con The Or Foundation, una delle poche organizzazioni no profit nello spazio di riutilizzo dedicato al progresso dell’equità nel settore della moda.
La Fondazione Or mantiene stretti legami con gli imprenditori nei mercati dell’usato in Ghana e utilizzerà 5 milioni di dollari all’anno per tre anni dal fondo EPR di Shein.
“Ogni settimana arrivano in Ghana 15 milioni di indumenti di seconda mano, il 40% dei quali viene sprecato. Il problema è che in Ghana non ci sono discariche o inceneritori, ha affermato la co-fondatrice di Or Foundation, e parte dell’abbigliamento finisce quindi negli oceani”.
Il finanziamento amplierà il programma di apprendistato di Or, incuberà soluzioni di rifiuti tessili locali, iniziative pilota con i produttori tessili del Ghana e definirà il progetto per una visione basata sulla comunità a Kantamanto, dove si trova uno dei più grandi market di abiti usati. La Fondazione Or ridistribuirà anche una parte della sovvenzione iniziale alle organizzazioni alleate in Ghana, lavorando insieme a Shein per identificare ulteriori beneficiari di sovvenzioni in altri Paesi.
Attraverso gli obiettivi di ricerca e advocacy di The Or Foundation, Liz Ricketts, cofondatrice e direttrice esecutiva di The Or Foundation, ha presentato il business case per l’upcycling. Secondo The Or Foundation, in una settimana lavorativa di sei giorni a Kantamanto vengono lavorati circa 11 milioni di articoli di moda, inclusi abbigliamento, calzature e accessori. Ogni 10 settimane, ricicla, rivende e ri-modifica 65 milioni di articoli, che è ciò che ThredUp (piattaforma di abbigliamento second hand) ha ridistribuito fino ad oggi dal 2009.
Liz Ricketts in una intervista ha affermato: “Abbiamo chiesto ai marchi di pagare il conto dovuto alle comunità che hanno gestito i loro rifiuti, e questo è un passo significativo verso un processo di responsabilità.” E su chi si è chiesto come mai questa partnership, risponde: “Quello che consideriamo veramente rivoluzionario è la presa di coscienza pubblica di Shein, che i loro vestiti potrebbero finire qui a Kantamanto, un fatto apparentemente semplice da dichiarare, ma che nessun altro grande marchio di moda è stato ancora disposto ad affermare”.
All’Evento indetto dal Sourcing Journal, Adam Whinston, responsabile globale degli ESG presso Shein, ha pubblicizzato i dati che rilevano che il 16% dei clienti Shein si impegna nella rivendita peer-to-peer con i prodotti Shein.
Perché per quanto tutto questo sia di fatto un passo verso la sostenibilità, non è ancora abbastanza?
Perché affinché lo sia, andrebbe rinnovato il modello di business di Shein, mostrandolo attraverso una comunicazione trasparente ai consumatori; in un percorso dell’impresa che miri a una governance sostenibile, per attuare un cambiamento in termini sociali e ambientali reale e tangibile.