
A 3 giorni dal blackout che ha colpito Spagna e Portogallo, non esiste ancora una spiegazione ufficiale da parte di Red Eléctrica (REE), il TSO spagnolo. Un evento che ha causato il collasso del 60% della domanda elettrica in soli cinque secondi non può essere gestito con il silenzio. È un vuoto tecnico e istituzionale grave, che merita attenzione ben oltre i confini iberici.
Lo avevamo scritto ieri, con un certo anticipo: la produzione da rinnovabili aveva raggiunto in quel momento il 94% del mix elettrico spagnolo. Un valore record, ma anche un potenziale detonatore. In uno scenario dominato da solare ed eolico, le fonti rotanti a frequenza stabile – come gli impianti termoelettrici convenzionali – erano praticamente assenti, lasciando la rete priva dell’inerzia necessaria a reagire agli sbilanciamenti.
Risultato: nessun cuscinetto di stabilità, e al primo distacco, il sistema è andato giù. Il cosiddetto “patatrac”. O, come direbbero con (amara) ironia i colleghi spagnoli: ¡Olé!
Il punto non è criticare le rinnovabili, ma riconoscere che una transizione mal progettata può minare la sicurezza energetica. Servono accumuli, risorse flessibili, e soprattutto una gestione trasparente e responsabile della rete.
Tacere oggi significa compromettere la credibilità del percorso di transizione di ogni paese europeo.