
La guerra parte anche dal carrello: la proposta di Consumerismo, boicottare chi la alimenta. Consumerismo lancia il boicottaggio: stop ai prodotti americani e israeliani per fermare la guerra. Dall’attacco USA ai siti nucleari iraniani alle scelte nel nostro carrello: la guerra si combatte anche nei supermercati. Ecco perché i consumatori non sono mai spettatori passivi.
Gli Stati Uniti hanno attaccato tre siti nucleari in Iran. Un atto di guerra annunciato da Donald Trump come un “successo militare spettacolare”, compiuto in sinergia con il premier israeliano Netanyahu. Un attacco che ha alzato pericolosamente il livello di tensione globale e ha già scatenato risposte iraniane e la preoccupazione dell’ONU, dell’Unione Europea e di diverse potenze internazionali.
Ma se tutto questo sembra lontano – se leggendo queste righe pensate “è politica estera, non mi riguarda” – vi sbagliate. La guerra ha sempre un prezzo. E quel prezzo, lo pagano i cittadini. Lo pagano con l’aumento dei prezzi dei carburanti, con le bollette che salgono, con l’insicurezza degli approvvigionamenti alimentari ed energetici. Lo pagano ogni volta che una crisi internazionale fa tremare i mercati e riduce il potere d’acquisto delle famiglie.
La proposta di Consumerismo: boicottaggio consapevole
In risposta a questo scenario, Consumerismo lancia la campagna nazionale di boicottaggio #ConsumoPace: un invito ai cittadini a non finanziare più, con i propri acquisti, quei paesi che alimentano conflitti armati per interesse economico e potere geopolitico.
“Non è una battaglia contro i popoli — americani o ebrei — ma contro la follia di una parte di essi, oggi al potere, che ha perso ogni senso di umanità. Non possiamo essere complici. Dobbiamo scegliere da che parte stare”, afferma Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo.
“Il boicottaggio è uno strumento civile e democratico. È il nostro modo di dire basta a un’economia che bombarda e inquina, che distrugge e poi vende la ricostruzione.”
Un esempio simbolico: la regina delle bollicine
Tra i prodotti simbolo da boicottare, c’è la più iconica bibita nera gassata zuccherata al mondo. Dolce, frizzante, onnipresente. Ma anche inutile dal punto di vista nutrizionale, dannosa per la salute, distruttiva per l’ambiente e fondata su un modello occupazionale precario.
Non serve dire il nome: tutti la conosciamo. E tutti possiamo scegliere di non comprarla più. Un piccolo gesto, che se moltiplicato, diventa una scossa all’intero sistema.
Perché una guerra in Medio Oriente è anche una guerra alla tua economia domestica?
- Energia e carburanti: l’instabilità nella regione minaccia la sicurezza dello Stretto di Hormuz, da cui passa circa il 20% del petrolio mondiale.
- Inflazione importata: se aumentano i costi di trasporto e produzione, aumenta anche il costo della spesa. Alcuni beni di largo consumo, come pasta, farina, olio, potrebbero subire rincari, anche a causa di timori speculativi.
- Mercati in fibrillazione: i beni rifugio (oro, dollaro) salgono, le borse crollano, e chi ha investito nei fondi pensione o nei titoli di Stato può ritrovarsi con rendimenti più bassi e meno sicurezza.
- Boom della domanda e corsa all’accumulo: nei primi giorni di incertezza – lo abbiamo visto con il Covid – c’è sempre chi corre a fare scorte. E così carta igienica, acqua, scatolame e altri prodotti possono sparire dagli scaffali o subire rincari ingiustificati.
Economia della paura: i bunker in vendita e il business dell’insicurezza
Negli ultimi mesi abbiamo visto crescere le offerte sponsorizzate che propongono bunker e rifugi anti-guerra, rivolti a cittadini preoccupati dall’instabilità globale. È il segno di un nuovo mercato basato sulla paura collettiva, che trasforma l’insicurezza in un business.
Invece di rincorrere il panico, serve fermarsi e riflettere: la vera sicurezza si costruisce con l’informazione, la responsabilità e scelte consapevoli. Lasciarsi trascinare da questo mercato della paura significa finanziare chi specula sull’insicurezza e allontanarsi dalla pace che tutti desideriamo.
E allora cosa possiamo fare?
Non tutto è perduto. Anzi, il potere del consumatore è oggi più forte che mai. Come ricorda Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo, è tempo di agire: “Le guerre si finanziano con l’economia. Le economie sono guidate dai consumi. I consumatori, quindi, non sono vittime, ma protagonisti. Boicottare i prodotti americani e israeliani è oggi un gesto politico consapevole. Non si tratta solo di opinione, ma di responsabilità civile: smettiamo di dare i nostri soldi a chi li usa per armarsi.”
Consumerismo lancia dunque una campagna per il consumo etico, con una proposta concreta:
- Boicottaggio mirato di prodotti e marchi americani e israeliani coinvolti nel finanziamento della guerra.
- Trasparenza delle filiere: chiediamo che i distributori italiani specifichino l’origine dei prodotti e i legami societari con aziende coinvolte in armamenti o conflitti.
- Educazione al consumo attivo: con iniziative nelle scuole e nei media per spiegare che ogni euro speso può sostenere la pace o la guerra.
Non è tempo di paura. È tempo di scelta.
Non dobbiamo svuotare i supermercati, ma riempirli di scelte consapevoli. Non serve scappare nei rifugi, ma pretendere trasparenza, etica, responsabilità dalle imprese. Non siamo solo vittime dei conflitti: siamo parte attiva dell’economia che li alimenta o li ferma. E allora, la domanda non è se dobbiamo avere paura. La vera domanda è: a chi vogliamo dare i nostri soldi oggi?
COSA POSSIAMO FARE OGGI – IN 3 MOSSE
- Controlla prima di comprare – Informati sull’origine dei prodotti e delle aziende. Evita marchi legati alla produzione bellica o alle lobby energetiche responsabili del conflitto.
- Diffondi il messaggio – Condividi la campagna #ConsumoPace con amici e familiari. Ogni persona informata è un passo verso la pace.
- Sostieni la proposta di Consumerismo sul consumo consapevole – iscriviti a Consumerismo e sostieni le nostre iniziative al seguente link https://associazione.consumerismo.it/iscriviti/