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L’olio extra vergine d’oliva: eccellenza delle nostre produzioni agricole

Non sempre si ha la chiara visione della qualità del prodotto: ecco alcune considerazioni

A cura di Paolo Cardù – Consumerismo No Profit

L’olio extra vergine di oliva: facciamo un po’ di chiarezza

L’olio extravergine di oliva è un alimento importante nella dieta mediterranea ma rappresenta, anche, un’eccellenza delle nostre produzioni agricole. Tuttavia non sempre si ha la chiara visione della qualità del prodotto e, spesso, si trovano, principalmente sugli scaffali dei supermercati, bottiglie di olio, etichettato come extravergine di oliva, a prezzi improbabili e organoletticamente poco accettabili.
Come prima considerazione occorre fare chiarezza circa la definizione di olio extravergine di oliva.
L’ottenimento di questo nobile prodotto deriva dalla spremitura meccanica delle olive e la separazione della parte grassa dalle acque di vegetazione e dalle sanse (la parte solida). Si ottiene un grasso, in forma liquida, che avrà caratteristiche diverse a seconda della cultivar, della zona di produzione, della fase di maturazione delle olive medesime e da tanti altri fattori che interferiscono con i sistemi di spremitura utilizzati.

I parametri affinché l’olio possa fregiarsi della denominazione “Extravergine”

Tuttavia la legge fissa alcuni parametri fondamentali che devono essere rispettati affinché l’olio possa fregiarsi della denominazione “extravergine”. Senza entrare nei particolari chimici che compongono la materia, i più importanti sono l’acidità, che non deve essere superiore a 0,8% espressa come acido oleico, il numero di perossidi, che deve essere inferiore o uguale a 20, (esprime lo stato ossidativo della materia grassa) e alcune costanti spettrofotometriche che ne descrivono l’assenza di frodi e lo stato di conservazione (ad esempio processi di irrancidimento o aggiunte di oli rettificati)
La normativa attuale dice che gli oli extravergini di oliva sono ottenuti dalla spremitura meccanica dell’oliva o con altri processi fisici, in condizioni termiche tali da non alterarli e che non hanno subìto nessun trattamento tranne il lavaggio, la decantazione, la centrifugazione e la filtrazione, la cui acidità libera, espressa in acido oleico è al massimo di 0,8 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. Fra queste caratteristiche rientrano quelle organolettiche e sensoriali, infatti per essere considerati tali gli oli immessi in commercio non devono presentare difetti (fra questi i più diffusi sono il sentore di morchia, di riscaldo, di rancido, di terra e di muffa).

Perché troviamo in commercio oli, etichettati come extravergini, a bassissimo prezzo e con evidenti difetti organolettici?

Il problema deve esser individuato, a mio parere, nel sistema di controllo. Infatti, a differenza di quello che capita nel settore enologico, dove il vino, per essere dichiarato a DOP (denominazione di origine protetta) deve essere preventivamente sottoposto ad analisi chimica e, se supera il controllo di laboratorio, deve essere vagliato da una commissione di esperti assaggiatori che ne dichiarino la corretta corrispondenza con l’origine e l’assenza di difetti, nel settore oleario si opera a posteriori, cioè dopo che l’olio è stato immesso in commercio, rendendo il controllo aleatorio e la scoperta di prodotti difettosi molto più difficile.
Si auspica che l’Italia possa, in sede europea, difendere questo prodotto che rappresenta una eccellenza agricola nazionale, innanzitutto rendendo le etichette più chiare, con l’indicazione della provenienza delle olive e, successivamente sottoponendo il prodotto ai controlli necessari prima che esso sia distribuito nel circuito commerciale.

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