
Nei miei 20 anni di attività regolatoria, forse sono l’unico in questo Paese ad aver avuto la fortuna di averle visitate tutte.
Conosco vita, morte e miracoli di quasi tutte. Attenzione, non voglio fare lo sbruffone, ma in realtà conoscere un’autorità di vigilanza non significa saper leggere il suo albo e avere informazioni sulle sue attività, né sapere a chi scrivere e come partecipare a una consultazione per formulare delle banali osservazioni che, potenzialmente, se non si è chi si deve essere, difficilmente vengono prese in considerazione.
Conoscere le autorità significa conoscere e avere rapporti con commissari, funzionari, dipendenti, fino a conoscere anche il gossip interno. Quello che posso dire è sì! Le autorità non sono indipendenti dalla politica, primo perché è la politica a nominarli, e la politica, quando deve pescare, pesca dentro di sé o tra i suoi contatti. Secondo, perché sono organizzazioni di per sé politiche, dove, in un modo o nell’altro, è normale che se si apre una posizione interna come una direzione comunicazione e relazioni, quasi sempre chi vi accede, anche se con un apparente concorso, faceva parte del mondo della politica. Terzo, ma non ultimo, è che sono delle organizzazioni che devono riferire alla politica e, quasi sempre, sebbene i formalismi(le relazioni annuali), questo riferimento avviene anche informalmente.
Quindi, la risposta per me è “SI”, le autorità italiane di regolazione e vigilanza sono al 100% politicamente orientate.
Poi, come in tutte le cose, anche qui ci sono delle eccellenze incredibili. Tante volte, in alcuni commissari, funzionari, dipendenti o servizi, ho riscontrato un’eccellenza personale e professionale decisamente con standard che la politica non avrà mai.
Ma purtroppo, non è questa eccellenza che possa garantire una completa terzietà e autorevolezza regolatoria.
Adesso, il caso del rinnovo dei vertici di ARERA dovrebbe proprio far pensare a questo. Teniamo più alla tenuta del Paese (perché quando si tratta dell’economia reale, questa è la domanda che ci dobbiamo porre) o teniamo alla tenuta degli equilibri politici tra correnti e partiti: uno a me e uno a te?
Anche perché, sinceramente, dal Governo del Merito, fino ad oggi, sulle nomine, in realtà, io questo merito non l’ho proprio visto.
Quindi, se Ranucci ha ragione, Stanzione ha torto.