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Vaccini in farmacia: era proprio necessario?

Quale logica dietro questa scelta?

Un po’ di dati

Al 7 aprile, sono state somministrate 11.510.905 dosi del vaccino contro il coronavirus. Questo dato include anche le seconde dosi inoculate a più di tre milioni di persone, esattamente 3.555.242, dunque il dato non coincide col totale dei vaccinati, che invece ammonta a circa 8 milioni.
I britannici avevano capito per primi che chi avrebbe vaccinato più velocemente avrebbe ridotto in maniera significativa la mortalità e avrebbe fatto ripartire più velocemente l’economia traendone un enorme vantaggio competitivo. Tutti abbiamo capito che se la Gran Bretagna fosse rimasta nell’UE la sua campagna vaccinale avrebbe subito i rallentamenti che L’UE sta sperimentando in questo periodo.

Lo schema dei vaccini come quello dei dispositivi di sicurezza all’inizio della pandemia

Con i vaccini anti-Covid si è ripetuto, anche se in maniera minore, lo stesso schema che si era visto nelle prime fasi della pandemia con i dispositivi di sicurezza individuale.  Fino agli anni ottanta l’Italia era uno dei maggiori produttori di vaccini al mondo, poi sono arrivate le multinazionali del farmaco che hanno comprato e delocalizzato la produzione soprattutto in India. Ma questa è un’altra storia. Ad oggi molte regioni hanno terminato tutte le dosi di vaccini che sono state consegnate e in molti casi stiamo rischiando di non potere fare le dosi di richiamo. Li dove si è rimasto indietro nelle vaccinazioni non è per carenza di vaccinatori ma per carenze organizzative, chiamiamole così. I medici vaccinatori, composti da medici dipendenti, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, odontoiatri, medici specializzandi, medici volontari, ammontano a 164.800, fonte Fnmoceo (ordine dei medici). Un esercito di vaccinatori. Come spesso avviene in questo paese nelle fasi   emergenziali gli Italiani dimostrano un grande senso di solidarietà. Quindi i vaccinatori qualificati non mancano, il problema come al solito è organizzativo.

L’accordo per somministrare i vaccini in farmacia

Nel decreto sostegni del 22 marzo è stato siglato un accordo Federfarma, Assofarm, Governo, Regioni e Province autonome per la somministrazione dei vaccini anti-Covid in farmacia da parte del farmacista. In merito alla formazione è indicato che la somministrazione dei vaccini in farmacia avverrà da parte di farmacisti abilitati all’esecuzione delle somministrazioni vaccinali contro il Sars-Cov-2 sulla base degli specifici programmi e moduli formativi organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. Il farmacista somministra il vaccino al soggetto risultato idoneo dalla compilazione del consenso informato, e assicura la permanenza del soggetto per un tempo di 15 minuti successivi all’esecuzione del vaccino per assicurarsi che non si verifichino reazioni avverse. E se si dovessero verificare? Particolare non da poco.
Ai farmacisti, cosi come ai medici e agli operatori sanitari che procedono alle vaccinazioni, è stato confermato lo scudo penale dai reati di lesioni personali e colpose e omicidio colposo. Ai farmacisti viene riconosciuta una remunerazione di 6,00 euro (non è volontariato) per singolo inoculo vaccinale, salvo ulteriori oneri riconosciuti dalle Regioni e dalle Province autonome. Inoltre non si capisce perché sono stati esclusi i farmacisti che operano nelle parafarmacie, ad esempio quelle poste nei centri commerciali, facilmente accessibili e con spazi esterni adeguati a ospitare in sicurezza un gran numero di persone. Mistero.

Quale la logica dietro la scelta della somministrazione del vaccino in farmacia?

Il vaccino è un farmaco e deve essere somministrato, cosi come prevedono le leggi regolatorie, solo previa prescrizione del medico, ossia dopo una valutazione anamnestica, che è un atto clinico. La presenza del medico è necessaria per raccogliere il consenso, valutare lo stato di salute del paziente e gestire in maniera pronta gli eventuali effetti collaterali. Cosi come previsto dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che raccomanda “assistenza medica urgente se si manifestano sintomi di grave reazione allergica”. Con 164.800 medici che hanno dato la disponibilità a vaccinare proprio non si riesce a capire quale sia la logica dietro questa scelta. Il governo prevede di vaccinare a pieno regime 500.000 italiani al giorno per raggiungere entro settembre la fatidica soglia del 70% di vaccinati per avere l’immunità di gregge. Basterebbe che ogni medico dei 164.800 che hanno dato disponibilità facesse solo 5 inoculazioni al giorno per avere 824.000 somministrazioni al giorno, molto al disopra dell’obiettivo del governo.  In poco più di un mese e mezzo si potrebbero vaccinare più del 70% degli italiani almeno con una sola dose, sempre se le dosi non mancano.  Il problema non è la carenza di vaccinatori ma quella dei vaccini e in molte regioni di un’ organizzazione efficiente. Ad oggi molte regioni  hanno usato quasi il 90% delle dosi ricevute e altre appena il 73%. Ben venga l’aumento dei punti vaccinali ma con la presenza del medico.

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