
In un’epoca in cui la comunicazione visiva è diventata essenziale, l’armocromia non è più solo una moda passeggera o una tendenza social, ma un vero e proprio strumento di lettura della propria immagine. Gli armocromisti si organizzano, diventano una realtà strutturata, e la cura del modo di vestirsi acquista un peso che va ben oltre la banalizzazione del passato. Insomma, non è più accettabile vestirsi “a caso”.
Persino in politica, dove il linguaggio visivo è ormai parte integrante della strategia comunicativa, la scelta dei colori è diventata tema di dibattito. Il caso di Elly Schlein, che ha dichiarato di affidarsi a una consulente d’immagine, ha acceso il confronto pubblico sulla relazione tra estetica e identità, con la stampa che ha messo a confronto i suoi look con quelli di Giorgia Meloni, entrambi analizzati in chiave armocromatica. Un episodio che racconta quanto l’immagine, oggi, pesi quanto le parole.
E non riguarda solo le donne: anche l’uomo, dall’imprenditore al politico, si muove entro un codice di abbigliamento che parla per lui. In un’era in cui la prima impressione conta più che mai, è lecito domandarsi se davvero “l’abito fa il monaco”. L’uomo d’affari che opta per nuance calibrate e tagli precisi, l’uomo politico che usa il colore per veicolare messaggi e credibilità: tutto porta a pensare che, oggi, vestirsi bene non sia un semplice vezzo ma una strategia.
Dati rilevati dal Centro Studi Consumerismo.
In Italia la consulenza d’immagine non è più una nicchia. È un servizio che intercetta bisogni reali di benessere, identità e posizionamento professionale. Il nostro studio, realizzato con l’Associazione Nazionale dei Consulenti d’Immagine Professionisti (Asso Style Image – ASI) su un panel di operatori attivi nel mercato, restituisce una fotografia nitida: negli ultimi cinque anni la domanda è aumentata. Metà del campione parla di crescita “leggera” e un terzo di crescita “forte”; solo una minima quota segnala cali o incertezze. La spinta arriva da due fronti generazionali: giovani adulti attratti dall’analisi del colore, e over 40 che cercano un rinnovamento evolutivo e consapevole del proprio stile, con epicentri nelle grandi città e un crescente interesse nel Centro-Sud. È un segnale di maturazione culturale sul ruolo dell’immagine sia nella sfera personale sia in quella professionale.
Numeri in breve
Nel 2024-2025 il 50% dei rispondenti indica una crescita “leggera” della domanda e il 33% una crescita “forte”. L’armocromia è citata dal 92% tra i servizi più richiesti; seguono decluttering dell’armadio al 33% make-up e consulenze per eventi al 25% analisi della figura e hair styling al 17%. La spesa media per un percorso completo si distribuisce tra 300-600 euro e 600-1.000 euro (entrambe le fasce al 41%), con il 16,7% tra 100-300. Dopo la consulenza, l’83% dei professionisti riscontra acquisti più selettivi; sul dopo-armocromia, il 41,7% dei clienti cambia radicalmente gli acquisti e il 50% applica le indicazioni in parte. Sui social, un terzo li considera determinanti e metà li valuta comunque incisivi. Le collaborazioni con brand sono frequenti o occasionali per quasi sei rispondenti su dieci; sul fronte delle prospettive, il 50% si attende una crescita lenta e il 25% una crescita più marcata.
Che cosa significa per i consumatori
Se c’è una lezione utile, è questa: la consulenza d’immagine funziona quando restituisce autonomia, non dipendenza da una palette o da una “lista della spesa”. È un lavoro che richiede studio, pratica e responsabilità professionale; ridurlo a filtri e tutorial significa impoverire sia il mestiere sia il risultato per chi acquista. Nella stagione in cui la reputazione personale si gioca tra vita reale e digitale, la consulenza può diventare un investimento intelligente: meno acquisti, migliori scelte, guardaroba e beauty più coerenti con obiettivi e valori.
Cosa si compra quando si compra consulenza
La voce più richiesta è, senza sorprese, l’armocromia. Nove professionisti su dieci la indicano tra i servizi più domandati; seguono il decluttering dell’armadio, il make-up personalizzato e le consulenze per eventi specifici come matrimoni o colloqui. L’analisi della figura e l’hair styling restano importanti ma con incidenza minore, mentre il personal shopping è citato da una quota ridotta del campione. La centralità dell’armocromia ha però un rovescio: il successo social ha attirato improvvisazioni che banalizzano un’analisi tecnica e complessa, minando la percezione di professionalità e confondendo i consumatori.
Quanto investono i clienti
Il carrello medio conferma che non si tratta di un capriccio estemporaneo. La spesa per un percorso completo si concentra tra 300 e 1.000 euro, con un equilibrio tra la fascia 300-600 e la fascia 600-1.000; una quota minore resta tra 100 e 300. Due terzi dei rispondenti descrivono la consulenza come “un investimento personale di medio livello”, mentre uno su quattro la percepisce come “servizio accessibile e sempre più diffuso”. La scelta non è solo estetica: è un investimento identitario che si traduce in decisioni d’acquisto più informate e, spesso, in un rapporto più selettivo con guardaroba e beauty case.
Cosa cambia davvero negli acquisti
L’effetto-consulente esiste e si vede. Tre professionisti su quattro dichiarano che i propri consigli influenzano “abbastanza”, mentre uno su quattro “moltissimo”, i consumi dei clienti. Dopo un’analisi armocromatica, il 42% dei clienti modifica totalmente gli acquisti, il 50% segue le indicazioni in parte e solo una piccola quota torna ai vecchi schemi dopo l’entusiasmo iniziale. Tradotto: la relazione di fiducia con il professionista sposta scelte concrete su abbigliamento, cosmetica e accessori, ma lo fa quando è costruita su metodo e personalizzazione, non su ricette preconfezionate.
Chi è il cliente tipo
Le risposte delineano un profilo netto. La domanda è prevalentemente femminile e il segmento più citato è quello 36-45 anni, seguito dai 46-60; la presenza maschile cresce e copre circa un terzo delle situazioni riportate. Sul piano socio-professionale spiccano lavoratori autonomi e liberi professionisti, seguiti da impiegati e, a distanza, manager; marginale l’incidenza di studenti e persone in transizione occupazionale. La motivazione non è solo vanity: conta la qualità della presenza, offline e online, e la coerenza tra identità e messaggio personale.
L’effetto post-pandemia e il ruolo dei social
Il rientro in presenza e la rinegoziazione dell’identità dopo il 2020 hanno alimentato la domanda. Un terzo del campione segnala un aumento marcato, un altro terzo un lieve aumento, mentre per il resto la situazione è più incerta o in calo. I social hanno agito da amplificatore straordinario ma a doppio taglio: hanno reso popolare la professione e attirato nuovi clienti, però la velocità dei format e la superficialità di alcuni contenuti hanno generato miti fuorvianti, come l’illusione che un filtro smartphone sostituisca l’analisi in presenza. L’effetto netto, comunque, è positivo: per un terzo l’impatto dei social è “fondamentale”, per metà “abbastanza” o “molto”.
Uomini, donne e generazioni
Le differenze di genere si stanno assottigliando: secondo il campione, in quattro casi su dieci le distanze si riducono, un quarto nota uomini più “razionali” negli investimenti e una quota minore continua a vedere le donne come driver principali di spesa. Nelle generazioni, la Gen Z cerca unicità e si muove in chiave “smart” influenzata dai social; i Millennials rappresentano lo zoccolo duro, orientati a benessere e autenticità; la Gen X usa la consulenza per “ristrutturare” l’immagine nelle transizioni di vita; i Baby Boomers restano meno presenti e più sensibili al comfort.
Cosa resta, cosa cambia
Il dato forse più interessante è nella qualità della spesa: l’83% dei professionisti osserva clienti che acquistano “con maggiore consapevolezza e selettività”. Due su tre riferiscono minori acquisti e migliori, metà nota più attenzione alla qualità e una quota non trascurabile segnala una sensibilità crescente per la sostenibilità. È l’effetto dei percorsi fatti bene, quelli costruiti con il cliente e non per il cliente, che aiutano a leggere i trend senza farsene travolgere.
Dove si fa consulenza
La consulenza non vive solo in cabina armadio. È sempre più utilizzata anche in ambito professionale, dai colloqui al rebranding personale, dai video aziendali alla cura del profilo social. Le collaborazioni con negozi e brand sono ormai prassi: frequenti o occasionali per gran parte del campione, rare o assenti solo per una minoranza. Per i retailer la presenza del consulente eleva l’esperienza d’acquisto e alza lo scontrino medio; per il cliente aumenta la probabilità di acquisti mirati e soddisfacenti.
Prospettive a 3-5 anni
Il futuro appare tracciato: metà del campione prevede una crescita lenta ma costante, un quarto punta su una crescita significativa; pochi temono una stabilizzazione o addirittura una saturazione. Il benchmark internazionale suggerisce margini di sviluppo: in Paesi come Stati Uniti e Regno Unito la figura del consulente è già integrata nei grandi retailer e nelle catene, mentre l’Italia ha ancora spazio per strutturarsi e salire di livello, sia in termini di standard professionali sia sul piano della didattica e della specializzazione.
Metodo e campione
L’indagine del Centro studi Consumerismo ha utilizzato un questionario strutturato su 17 domande chiave, elaborato a partire da una griglia condivisa Consumerismo–ASI e somministrato a professionisti del settore. Le domande hanno coperto andamento della domanda, servizi più richiesti, spesa media, profilo dei clienti, ruolo dei social, collaborazioni con brand, impatto sugli acquisti e outlook a 3-5 anni. Il campione di rispondenti considerato in questa tornata è pari a 12 professionisti. Il periodo considerato è 12 mesi: aprile 2024/marzo 2025.
Note editoriali
Questo articolo rielabora le risposte qualitative fornite da ASI e i dati quantitativi del questionario, riportando virgolettati e posizioni dove pertinente e citando le fonti di griglia e contenuti. Il documento con le domande, il questionario e il set di risposte ASI sono disponibili negli allegati di lavoro dello studio.
Chi è Asso Style Image (ASI)
Asso Style Image è la prima associazione italiana dedicata ai consulenti d’immagine professionisti, con la missione di tutelare, valorizzare e diffondere la figura del consulente d’immagine nel panorama italiano. Fondata con l’obiettivo di riunire professionisti dotati di elevate competenze teoriche e pratiche, ASI propone formazione continua, percorsi di aggiornamento e strumenti di riconoscimento professionale. L’associazione seleziona gli associati, ne verifica le competenze e punta a far emergere una professione che ancora in molti contesti risulta poco regolamentata ma in forte evoluzione. assostyleimage.it