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Crisi energetica e operatori di mercato. Le proposte dell’ADOC

Se l’operatore va in default il consumatore passa a nuovo contratto. Ma è giusto? Le proposte dell’Adoc. Di Roberto Tascini

di Roberto Tascini, presidente ADOC

Appare sempre più chiaro che stiamo vivendo un periodo di crisi energetica epocale. Una ulteriore conferma di questo fatto ci viene fornita dal default di quasi una ventina di fornitori di energia italiani che, improvvisamente, sono passati da un numero di clienti talvolta anche molto vasto a zero, e non per problemi legati a capacità imprenditoriali, bensì a causa della crisi energetica.

Il fallimento delle società energetiche nel nostro Paese rischia di passare quasi inosservato in quanto, diversamente da altre nazioni, in Italia quando un operatore va in default i suoi clienti ricevono solo una lettera per comunicare il passaggio al cosiddetto mercato di ultima istanza. Improvvisamente, così, quel consumatore non avrà più il fornitore con cui aveva stipulato un contratto ma passerà ad altra società. Quasi sempre con conseguenze sulle sue tasche, con condizioni economiche diverse da quelle che aveva prima e sicuramente peggiorative in questo periodo di caro prezzi.

Oggi appare difficile dire quante siano le utenze interessate dal default che ha portato alla risoluzione di migliaia di contratti. Da alcuni dati si stima oscillino tra 300 e 500mila.

Dobbiamo osservare che di fronte ad una crisi, certo imponente ma non più grossa di altre manifestatasi negli anni passati, sembra evidente che il sistema non regge e non solo nei confronti dei consumatori.

Si può facilmente intuire che il contraccolpo sulla liquidità delle società sarà molto importante: ma ci saranno problemi da affrontare anche dal punto di vista del sistema con il quale si forma il prezzo di vendita dell’energia. In ogni caso, anche qui il luogo comune che “piccolo è bello, sempre” si dimostra un fake. Anzi, qui più che altrove: il servizio elettrico è considerato alla stregua di una qualsiasi compravendita commerciale, l’energia, bene essenziale, come una merce, l’utente come un cliente. Tutte cose che reputiamo sbagliate, fondamentalmente sbagliate.

Vediamo un nanismo industriale dove, invece, sarebbe necessario il contrario; la perdita per lo Stato di uno strumento di politica economica calmieratrice come poche e di un soggetto di investimenti che, se opportunamente indirizzati, possono essere anche uno strumento di programmazione economica.

Sorge legittimo il dubbio che certe privatizzazioni, che hanno determinato lo smantellato di diversi servizi pubblici, non hanno prodotto benefici per i consumatori, anzi esattamente l’opposto.

Potremmo citare l’esempio delle Autostrade o delle Poste. Aziende che presentavano non poche problematiche gestionali e organizzative che, invece di correggere per pigrizia intellettuale o per poco coraggio di incidere sulla dirigenza e sui programmi, sono state più semplicemente cedute a privati. Lo Stato si è privato di Enti che, invece, gli avrebbero garantito strumenti di politica economica e, ai cittadini minori oneri economici. Poniamoci la domanda, forse retorica: se lo Stato fosse intervenuto risanando e mantenendo le Poste, i trasporti, l’energia, il gas e i servizi comunali ancora pubblici, pagheremmo le tariffe esose che paghiamo oggi?

L’Adoc si batte da sempre affinché vengano individuati criteri maggiormente stringenti per la definizione degli operatori abilitati alla vendita dell’energia e che sia fatta una selezione più accurata per puntare a realizzare un Albo dei competitor del mercato. Le nostre proposte sono:  

  • –      che gli operatori abbiano bilanci solidi, certificati con indicatori finanziari che attestino la salute e la solvibilità dell’azienda;
  • –      che le società attestino la regolarità dei pagamenti verso i TSO (operatori dei sistemi di trasporto dell’elettricità) e i DSO (operatori dei sistemi di distribuzione dell’elettricità);
  • –      che si effettuino periodicamente controlli e verifiche per accertare l’esistenza dei requisiti previsti.

In questi anni si è smantellato lo stato sociale in favore di uno stato liberista, ma con una forma di capitalismo “truccato”, infatti l’unico vantaggio nel capitalismo che hanno i consumatori è rappresentato dalla concorrenza, ma nel nostro Paese, purtroppo, si formano delle lobby di interesse che travestono abbondantemente la concorrenza, con il risultato evidente per tutti: servizi a volte scadenti con costi sempre più alti e rischio di raggiri e truffe. Troppi operatori autorizzati, addirittura più di 700, alla fine garantiscono una vera concorrenza? No.

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