
Il fatto secondo AGCM
Si apprende che “l’Autorità aveva accertato che Facebook induceva ingannevolmente gli utenti a registrarsi sulla sua piattaforma non informandoli subito e in modo adeguato – durante l’attivazione dell’account – dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti e, più in generale, delle finalità remunerative sottese al servizio, enfatizzandone viceversa la gratuità”. Per l’Antitrust, inoltre, “le informazioni fornite da Facebook risultavano generiche e incomplete e non fornivano una adeguata distinzione tra l’utilizzo dei dati necessario per la personalizzazione del servizio (con l’obiettivo di facilitare la socializzazione con altri utenti) e l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate”. Il provvedimento sanzionatoria segue l’inottemperanza di Facebook, all’ordine di pubblicazione di una dichiarazione rettificativa sulla homepage del sito internet aziendale per l’Italia, sull’app Facebook e sulla pagina personale di ciascun utente italiano registrato, mai disposta.
Le pratiche commerciali scorrette
Appare configurabile dunque la fattispecie delle pratiche commerciali scorrette e/o ingannevoli a danno dei consumatori. Rammento che la pratica commerciale è scorretta quando è in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta. Il Codice del consumo distingue le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. Le prime (articoli 21-23 del Codice del consumo) sono idonee a indurre in errore il consumatore medio, falsandone il processo decisionale.
Multa irrilevante rispetto alla gravità

La questione è particolarmente delicata, come sottolinea l’Avv. Fabrizio PLAGENZA, membro del Comitato Scientifico di CONSUMERISMO – No Profit, secondo cui “la misura sanzionatoria, forse, è anche fin troppo blanda se solo si consideri il colosso di cui stiamo parlando ma, soprattutto, se ci concentriamo sul vero oggetto da tutelarsi. Infatti, non bisogna farsi ingannare, per usare un termine adatto, né dalla misura della sanzione, in merito alla quale Facebook non cesserà, di certo, la sua attività, né dalla finalità commerciale dei dati raccolti in modo ingannevole. E’ evidente, infatti, che il fine della raccolta dati sia diretto a scopi commerciali ma i dati sensibili raccolti, sono pur sempre dati personali degli utenti i quali, consumatori, non agiscono per scopi commerciali. Al di la del fine del trattamento, dunque, la personalità dei dati dei consumatori è stata violata”. Secondo l’Avv. Fabrizio PLAGENZA, inoltre, la questione rischia di avere connotati più ampi. Mi sono confrontato con il collega Avv. Carlo PIKLER, esperto in materia privacy, secondo cui alla sanzione dell’ANTITRUST potrebbe anche far seguito un ulteriore provvedimento da parte del Garante della Privacy, per un trattamento dei dati personali non conforme agli artt. 13 e 14 del Regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679”.
Una questione, dunque, i cui confini non sono ancora del tutto ben definiti.